Il lungo percorso, iniziato nel 2000 dall’allora Ministro
Berlinguer e passato attraverso le “epocali “ riforme della Moratti e della
Gelmini, dopo una breve anticipazione avutasi tre anni fa con il Decreto Aprea,
sembra finalmente giunto alla fine. Il Re è nudo e possiamo definitivamente
dire, forse con un sospiro di sollievo causa prolungata agonia, che la Scuola
Pubblica Statale è morta. La scuola è morta. W la scuola. Ad ucciderla è stata
un progetto di riforma dalla fuorviante sigla La Buona Scuola, oggi divenuto DDL e sottoposto al vaglio di un
Parlamento molto poco attento alle politiche scolastiche se non quando si
tratta di razionalizzare, o meglio tagliare la spesa pubblica.
E’ difficile parlare, in questo momento, di scuola senza che
l’argomento venga inserito in una prospettiva più ampia a livello europeo,
considerati i messaggi omologhi provenienti da più parti d’Europa; difficile
anche scorporarlo dai provvedimenti dei precedenti governi che hanno colpito la
scuola mediante le varie Leggi Fornero che, bloccando il turn over del
personale, ha condannato ai lavori forzati molti insegnanti ormai prossimi al
congedo pensionistico e altrettanti insegnanti alla precarietà a vita.
Ma questo Ddl, questo Ddl è la summa di tutti i tentativi,
in qualche modo ostacolati dalla reazione del mondo della scuola, di
smantellare il sistema statale e far subentrare, in modo neanche tanto
strisciante, la logica aziendale nel settore pubblico dato che l’Art. 1 recita
le seguenti parole “Le disposizioni in oggetto sono volte a garantire la
massima flessibilità, diversificazione, efficienza ed efficacia del sistema
scolastico attraverso un uso ottimale delle risorse e delle strutture e
all’introduzione di tecnologie innovative in raccordo con le esigenze del
territorio”.
I 24 articoli di questo DDL trasformano radicalmente la
scuola nella forma&sostanza che fino a ieri abbiamo conosciuto e praticato:
la scuola della Costituzione, che persegue l’alto fine di formare e attrezzare
di spirito critico il cittadino del domani, non c’è più così come, a conti
fatti, la stessa libertà d’insegnamento. E’ stata sostituita da una
scuola-azienda basata sui principi del marketing, dell’efficienza, della
competitività: docenti e studenti sono soggetti alla stessa logica
aziendalistica mediante piani triennali, Portali vari, digitalizzazioni,
alternanze scuola-lavoro, autonomia, privati, sponsor e flessibilità a tutto
spiano. La scuola ai tempi del Jobs Act si potrebbe dire.
Chi nella scuola ci opera veramente sa quanto questa abbia i
suoi tempi dettati dal processo di apprendimento, non standardizzabile e
misurabile in senso assoluto. Allora com’è che questo governo ha avuto l’ardire
di interfacciarsi col mondo della scuola in maniera così radicale e aggressiva?
Semplice! Ha usato un Trojan (o per i nostalgici un cavalo di Troia) che si è
rivelato un’ottima arma di ricatto per espugnare la diffidenza degli operatori
della scuola: il piano di assunzione straordinario rivolto a coloro che da
decenni vivono il dramma del precariato scolastico. Ha luogo così la nascita
dell’Organico dell’Autonomia.
Per capire questo DDL e le sue criticità è bene partire
proprio dai due poli che lo strutturano, ossia le assunzioni e la chiamata
diretta da parte del dirigente, per giungere alla sua vera essenza, ovvero la
fine della scuola statale e la nascita della scuola-azienda.
Il piano
straordinario di assunzioni
Il piano straordinario di assunzioni relativo al Capo III
“Organico, assunzioni e assegnazione dei docenti”, è fonte di speranza per chi
verrà incluso, poiché o vincitore di concorso o presente nelle Graduatorie a
Esaurimento, e fonte di disperazione per chi, pur possedendo titoli e servizi
ma inserito nella 2^ Fascia d’Istituto, ne verrà escluso. L’assurda esclusione
dei neoabilitati TFA e PAS basterebbe da sé a sollevare una serie di legittimi
quesiti sul principio ispiratore di giustizia che ha mosso i criteri di
assunzione, dato che a un personale già formato e con esperienza si prospetta
un ennesimo concorso dunque ulteriore selezione (tra l’altro dispendiosa quanto
inutile finanziariamente parlando).
Attenzione, però: la legittima protesta degli esclusi
potrebbe diventare il vero grimaldello atto ad aprire il vaso di Pandora perché
funzionale alla supina accettazione di procedure di reclutamento mai viste
finora e nemmeno immaginabili, tanto tendono a minare i principi costituzionali
e la sacrosanta applicazione dei diritti/doveri del Contratto Collettivo
Nazionale del Lavoro. Verrebbe la tentazione, a proposito dei neoassunti, di
citare il celebre passo dantesco “Lasciate ogne speranza , o voi ch’intrate!”
perché questi insegnanti finalmente di ruolo saranno un nuovo prototipo di
lavoratore della conoscenza legato alla scuola e al suo dirigente come la
servitù della gleba era legata al feudo e al signore. Chi vi entrerà, avrà il
privilegio di far parte dell’Organico dell’Autonomia tripartito in posti
comuni, di sostegno e, novità delle novità, posti per il potenziamento
dell’offerta formativa; il tutto in base al fabbisogno di ogni istituzione
scolastica rinnovabile e rinnovato ogni tre anni.
Quali le novità?
1) Il personale dovrà essere iscritto in appositi albi
territoriali e le assunzioni, in seguito alla presentazione di una domanda di
assunzione, avverranno sui posti vacanti e disponibili su proposta del
dirigente scolastico che sceglierà tra i docenti più “adatti” a soddisfare le
esigenze delle scuole sulla base di una offerta formativa triennale. Scaduti i
tre anni? Non è dato sapere. Dal precariato a tempo determinato al precariato a
tempo indeterminato.
2) Il Comma 7 dell’Art. 8 “Piano straordinario di
assunzioni” parla di accettazione/rifiuto della proposta di assunzione; la
mancata accettazione comporterà l’esclusione dal piano straordinario di
assunzioni, mentre i soggetti assunti saranno destinatari di proposte, a questo
punto indiscutibili e assolute, di incarico da parte dei dirigenti scolastici.
Tra queste la corvee “assicurare la copertura delle supplenze temporanee fino a
10 giorni”(Comma 3, Art. 6). Sopraggiunge un ulteriore dubbio: chi rifiuta,
verrà espulso definitivamente dagli albi territoriali e chi non verrà chiamato
dal dirigente che fine farà?
Lo stesso comma sentenzia che i posti disponibili per il
potenziamento dell’offerta formativa, in seguito al sistema di
accettazione/rifiuto delle assunzioni, non saranno più resi vacanti e disponibili
ma soppressi. Insomma, chi rifiuta danneggia se stesso e l’intero sistema.
Oltre la beffa, il danno!
3) La discrezionalità del dirigente, per quanto dovrà
attenersi a dei parametri esplicati e resi pubblici, è palese. Il personale di
ruolo, se il dirigente dovesse reputarlo opportuno, verrà utilizzato in classi di
concorso differenti dall’abilitazione conseguita purché si sia in possesso di
un titolo di studio valido all’insegnamento (Comma 3, Art.7). C’era una volta
la continuità didattica…
4) Nonostante il giro di vite interesserà soprattutto i
neoassunti, il Comma 4 del suddetto articolo, chiama in causa i docenti in
mobilità territoriale e professionale che rientreranno negli albi territoriali,
definiti per ampiezza anche in funzione della popolazione scolastica. Dunque
essere docenti di ruolo dell’Era Pre Renzi non garantirà l’immunità dalla
“chiamata diretta”. Si profila così l’avvento di due tipi di docenti: quelli
costretti all’immobilità, pena rientrare negli albi territoriali, e quelli
costretti alla mobilità perenne, pena l’espulsione dagli albi territoriali.
5) L’anno di formazione e prova ,menzionato dall’Art.9, sarà
il rito di passaggio per la definitiva immissione in ruolo. Sarà nuovamente il
dirigente ad avere un ruolo determinante che, in seguito a verifiche e
ispezioni in classe, potrà reputare idoneo o meno il neoassunto. Il Comma 5
recita le seguenti parole: “il dirigente scolastico, in caso di valutazione
negativa del periodo di formazione e di prova, provvede alla dispensa dal
servizio con effetto immediato, e senza obbligo di preavviso”. Il licenziamento
fa così il suo ingresso nel settore pubblico. Con un tweet?
6) L’Art.12 chiude la questione assunzioni menzionando la
Sentenza della Corte di Giustizia Europea del 26/11/14 a seguito della non
corretta applicazione da parte dell’Italia della direttiva 1999/70/CE relativa
alla reiterazione dei contratti a tempo determinato su posti vacanti e
disponibili. Tutti assunti coloro con 36 -o più - mesi di servizio? No, anzi.
D’ora in avanti i 36 mesi saranno il limite temporale massimo da non superare
per la stipula di un contratto a tempo determinato. Della serie: chi più ha
servizio, più demerita.
Il Dirigente
Scolastico
Il presente DDL inaugura la nuova veste del dirigente
scolastico che acquisirà una sempre maggiore centralità nella nuova
scuola-azienda, nonostante a certi livelli entri in contrasto con l’impianto
costituzionale della scuola pubblica statale. In effetti ci si troverà al
cospetto di un dirigente a tutti gli effetti datore di lavoro, che potrà
assumere in nome dello Stato. Il tutto avverrà non secondo la graduatoria
stabilita da un concorso o da una procedura che abbia validità concorsuale,
come finora siamo stati abituati. L’Art. 7 delinea le competenze del dirigente
scolastico che dovrà assicurare la gestione della scuola, la determinazione del
fabbisogno e l’offerta formativa. Di sua competenza sarà il buon andamento
dell’istituzione scolastica nell’ambito dell’autonomia, la gestione delle
risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. Inoltre avrà
giurisdizione anche in materia di scelte didattiche e formative nonché della
valorizzazione delle risorse umane e del merito dei docenti. Come conciliare
ciò con la libertà d’insegnamento sancita dalla Costituzione non chiaro.
Il dirigente potrà,
dunque:
- Assumere (o
licenziare) il personale, nonostante la scuola sia statale e ad assumere
dovrebbe essere lo Stato stesso;
- Assegnare compiti e competenze in materia d’insegnamento;
- Elaborare il piano
triennale dell’offerta formativa;
- Assegnare, come recita l’Art.11 Comma 2, il bonus agli
insegnanti riconosciuti come meritevoli;
- Stipulare, secondo il Capo II – Art. 2 Comma 9-, rapporti
di collaborazione con i principali attori che operano all’interno del contesto
economico-sociale e culturale del territorio al fine di favorire la
competitività della propria istituzione scolastica mediante l’alternanza
scuola-lavoro.
-La “chiamata diretta” da spettro diventa realtà, nonostante
la Consulta l’abbia dichiarata incostituzionale, attraverso la Sentenza n° 66
del 2013 espressa quando la giunta della Regione Lombardia tentò di adottare una
procedura analoga. La stessa On. Puglisi nel Febbraio del 2012 affermò che il
PD si sarebbe opposto a questa pratica così lontana sia dalla tradizione scolastica
del nostro Paese sia dalla Costituzione. Io mi ricordo, si io mi ricordo…
I privati ,
l’autonomia e le paritarie
E siccome quando si cambia pagina, bisogna farlo del tutto,
ecco venir formulato a chiare lettere il sogno proibito, nonché tabù di tanti
governi che hanno tentato di modificare il volto della scuola: l’ingresso dei
privati nel pubblico. E ritorna l’onnipresente figura del dirigente che, come
recita il Comma 2 dell’Art. 3, “individua percorsi e iniziative che coinvolgano
gli studenti anche utilizzando finanziamenti esterni, ivi compresi quelli
derivanti da contratti di sponsorizzazione”.
Diverse le conseguenze, dato che i privati difficilmente
entreranno in un settore così appetibile e cruciale come la scuola:
1) Gli studenti saranno sempre più oggetto dell’alternanza
scuola-lavoro poiché le imprese utilizzeranno le scuole come luogo di
formazione finalizzato al soddisfacimento di necessità particolaristiche e
spendibili in determinati settori occupazionali. Per le imprese sarà un bel
risparmio in materia di formazione del personale dato che tramite il cosiddetto
School Bonus, affrontato nell’Art. 16, le erogazioni liberali in denaro da
parte dei soggetti privati in favore delle istituzioni scolastiche saranno oggetto
di sgravi fiscali. A confronto i 500 euro destinati ad ogni docente per il
proprio “aggiornamento” e acquisto di materiale didattico (equivalente a 1.38
Euro al giorno se suddiviso per 360 giorni) sono pura elemosina.
2) La presenza dei privati sotto forma di imprese, enti e
associazioni sarà a macchia di leopardo nell’interno territorio nazionale e
creerà ulteriori disparità in base alle reali possibilità produttive del
territorio.
3) I privati, che filantropi non sono per loro natura, nel
mettere mano alla borsa vorranno anche avere voce in capitolo in materia di
offerta formativa e scelte didattiche, grazie anche al fatto che questo DDL
voglia potenziare l’Autonomia delle singole istituzioni scolastiche. Attraverso
questa prospettiva trova ragion d’essere il Capo VII “Riordino, adeguamento e
semplificazione delle disposizioni legislative in materia di istruzione”
quando, nell’Art. 21 punto f, si parla di “adeguamento, semplificazione e
riordino della governante della scuola e degli organi collegiali” considerati
non più adeguati allo spirito dell’Autonomia. Il Consiglio di Amministrazione,
insomma, è alle porte.
Sempre in materia di Agevolazioni Fiscali -Capo V, l’Art. 15
-Comma 1, menziona il 5 per mille che il singolo cittadino privato potrà destinare,
al momento della dichiarazione dei redditi, non alla scuola in toto ossia come
un corpo unico da finanziare, ma alle singole istituzioni scolastiche (per
intenderci magari dove studiano i propri figli). Si può solo immaginare cosa
saranno disposte a fare le singole scuole pur di dirottare queste forme extra
di finanziamento verso le proprie casse e la competitività che si scatenerà tra
le singole istituzioni costrette ad elaborare marketing sempre più vincenti. E
le scuole che operano nelle aree di disagio? E le scuole con poco appeal ?
Selezione naturale, direbbe l’economista Adam Smith. Di fronte a questa novità,
gli sgravi fiscali rivolti alle famiglie che sceglieranno le scuole paritarie
per i propri figli, sono poco più che peccati veniali.
Che cos’è, a questo punto, l’Autonomia se non l’arretramento
dello Stato in materia di istruzione e la trasformazione definitiva del sapere
e del sapere fare in merce? L’apprendimento sarà basato su un sapere e su un
sapere fare contingenti solo a ciò che sarà utile conoscere e fare, passando
per un saper essere sempre più senzienti e “collaborativi”.
Se il DDL vola alto, anche noi lo faremo. Dunque chiediamo
che venga ritirato perché così come formulato è una palese violazione dei
seguenti articoli di legge:
— la libertà di insegnamento (art. 33, comma 1 Cost.);
— la presenza di scuole statali per tutti i tipi, ordini e
gradi di istruzione (art. 33, comma 2 Cost.);
— il libero accesso all’istruzione scolastica, senza alcuna
discriminazione (art. 34, comma 1 Cost.);
— l’obbligatorietà e gratuità dell’istruzione dell’obbligo
(art. 34, comma 2 Cost.);
— la libera istituzione di scuole da parte di enti o privati
senza oneri per lo Stato (art. 33, comma 3 Cost.);
— il riconoscimento del diritto allo studio anche a coloro
che sono privi di mezzi, purché capaci e meritevoli mediante borse di studio,
assegni ed altre provvidenze da attribuirsi per concorso (art. 34, comma 3
Cost.).
Essendo, però, profondamente realisti siamo in grado di
formulare una serie di proposte che necessariamente, poiché provenienti da chi
la scuola la conosce e la fa, dovrebbero essere accolte in sede di dibattito
parlamentare. Queste sono state formulate a garanzia dei diritti acquisiti e
maturati da parte di tutti gli operatori del settore e in special modo dei
docenti precari, da non considerare come rami secchi o come lavoratori
stagionali, ma come preziose risorse portanti che hanno consentito finora il
regolare svolgimento di un servizio vitale quale è la scuola.
Queste le proposte:
- Stralcio del piano straordinario di assunzioni dal DDL in
modo che, dovendo saltare i tempi tecnici in relazione alla discussione
parlamentare, si possa procedere alle assunzioni stabilite dall’A.S. 2015/16 e
allo stesso tempo si dia tempo al Parlamento di affrontare con tutta calma un
disegno di legge tutt’altro che lineare e privo di insidie;
- Inclusione della 2^ Fascia d’Istituto nel piano di
stabilizzazione o, come estrema ratio, nelle GAE in una eventuale 4^ fascia
creata ad hoc o attraverso un concorso per soli titoli per tutte le classi di
concorso che sono state oggetto delle recenti abilitazioni tramite il TFA e il
PAS;
- Rispetto e applicazione – e non il suo raggiro- della
recente sentenza europea per tutti i precari con 36 mesi di servizio, dunque il
rispetto dei diritti acquisiti grazie al servizio prestato non solo per gli
abilitati, ma anche per i docenti di 3^ Fascia d’Istituto;
- Evitare a tutti coloro che non risultano allo stato
attuale inclusi nel piano di assunzione, l'ennesimo concorso che risulterebbe
sia dispendioso sotto il profilo finanziario sia inutile in quanto rivolto a un
corpo docente già formato e qualificato;
- Cancellazione della “chiamata diretta” e dell’organico
funzionale poiché fonti di un pericoloso risvolto incostituzionale dell’assetto
democratico della scuola. Queste “novità” comporterebbero per i neoassunti il mancato
rispetto del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro, ora in vigore, e la
prospettiva di un “eterno” precariato causato dall’applicazione, da parte dei
Dirigenti, dei contratti di assunzione triennale;
- Cancellazione della figura del dirigente plenipotenziario
e ripristino della collegialità nelle decisioni.
- Ritiro dei tagli relativi alla Legge 133/08 e della
Riforma Gelmini che hanno sottratto risorse finanziarie vitali allo svolgimento
della didattica oltre che innumerevoli ore d’insegnamento a buona parte delle
discipline e classi di concorso (come d’altronde il partito di Governo, ovvero
il PD, ha spesso sottolineato);
- Blocco delle graduatorie per 5 anni, consentendo però ai
neo abilitati TFA e PAS la possibilità di subentrare nelle stesse;
- Corso Abilitante Speciale per la 3^ Fascia d’Istituto con
540 giorni di servizio ossia tre anni di 180 giorni;
- Sblocco del turn over per il personale della scuola,
dunque una seria riflessione sull’applicazione e relative conseguenze della
Legge Fornero;
- Approvazione in tempi brevi una legge regionale sull'istruzione che finalmente tenga conto della specificità linguistico-culturale e
demografica del territorio e che realizzi, in controtendenza alle linee del
governo centrale, dettate solo da esigenze di razionalizzazione finanziaria che
trovano forma nei piani di dimensionamento regionali, interventi strutturali
volti a contrastare gli allarmanti tassi di dispersione scolastica.
Infine non si può non fare cenno alla debole reazione dei
sindacati che, al cospetto di ciò finora illustrato, hanno proposto e
predisposto solo azioni di protesta non unitarie e poco adeguate (si veda il
timido il blocco delle attività aggiuntive) alla portata degli eventi. Chiedete
a noi cosa fare e vi sarà una sola risposta: sciopero unitario e blocco delle
attività dello scrutinio finale.
Coordinamento Docenti Oristano-Sardegna
Sottoscrivono
Precari Scuola Sardegna
Movimento per la difesa della Scuola Pubblica Coordinamento
Precari Sassari
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